Puoi avere i migliori tool di AI, ma non ti servono a nulla
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Puoi avere i migliori tool di AI, ma non ti servono a nulla

7/17/2025

L’AI può potenziare tutto, tranne una cosa: la tua visione. Senza consapevolezza, nessun tool può aiutarti. Ecco perché non basta “avere” l’AI.

La tecnologia è un amplificatore, non un sostituto

Puoi avere ChatGPT, Gemini, Runway, gli agenti autonomi più avanzati o i flussi automatizzati più brillanti… ma se non sai cosa chiedere, se non hai uno scopo, se mancano direzione e valori, non accadrà nulla di rilevante.

L’intelligenza artificiale, oggi, è accessibile a tutti. Ma ciò che fa la differenza non è la tecnologia in sé, è l’intenzionalità. È la tua capacità di farti domande scomode:
– Perché sto facendo questa cosa?
– Dove voglio portare la mia impresa, il mio progetto, me stesso?
– Qual è l’impatto che voglio lasciare?

Marco Montemagno, in uno dei suoi video più efficaci, ha detto: “L’intelligenza artificiale è solo uno specchio: se non sai cosa ci metti dentro, non tirerai fuori niente di utile”.
E io, nel mio lavoro quotidiano con aziende, formatori, imprenditori, lo vedo tutti i giorni:
l’AI moltiplica il valore solo quando c’è già un pensiero forte alla base.
Altrimenti resta un giocattolo, una prova gratuita, una scorciatoia verso il nulla.

Allenare il pensiero prima dell’automazione

La vera intelligenza – quella che ci serve oggi – è la capacità di fermare il rumore, osservare ciò che ci circonda e prendere decisioni non solo rapide, ma anche giuste.

Uso spesso l’AI per creare agenti personalizzati, workflow automatici, strumenti che fanno risparmiare ore di lavoro. Ma prima ancora, aiuto le persone a pensare meglio.
L’AI, infatti, ha un potere nascosto: ci costringe a confrontarci con i nostri limiti.
Ti chiede di saper scrivere meglio. Di essere più chiaro. Più intenzionale. Perché se non sai guidarla, l’AI ti riporta solo confusione.

Nella mia attività di formazione e consulenza, lo dico sempre:

prima ancora di imparare un tool, dobbiamo imparare a ragionare in modo sistemico.
Serve una mentalità nuova. Serve imparare a porsi le domande giuste.
Solo così l’AI può diventare una leva – e non un’illusione.

Ecco perché ho creato percorsi formativi sull’intelligenza artificiale che non partono dai tool, ma dai problemi. Dalle storie. Dai valori. Perché la tecnologia è nulla se non è guidata da umanità e visione.

Non è questione di tool, ma di anima

Oggi possiamo fare cose incredibili: generare video da prompt, testi da pensieri, previsioni da dati grezzi. Ma ogni volta che mi siedo davanti a un’azienda, un imprenditore, un collega, torno sempre lì: a cosa serve tutto questo?

L’AI, per come la vedo io, è uno specchio dell’anima.
Se dentro abbiamo solo fretta, superficialità e copia-incolla… Allora otterremo un contenuto veloce, ma vuoto.
Se dentro invece c’è un intento, un desiderio autentico di migliorare le cose, aiutare, creare… allora l’AI diventa una vera alleata.

E non si tratta di romanticismo: si tratta di efficacia.

Il futuro non sarà dominato da chi sa usare ChatGPT meglio, ma da chi saprà affiancare all’AI una visione profonda e un’etica concreta.

Per questo il mio approccio non è mai solo tecnico. Parlo di AI, creo agenti, faccio formazione. Ma soprattutto, cerco di far emergere quella parte di noi che nessuna macchina potrà mai sostituire:
l’empatia, la capacità di ascolto, la cura nei dettagli, la responsabilità verso ciò che lasciamo.

E allora sì: anche il miglior tool AI del pianeta avrà finalmente un senso.