ChatGPT sta usando i dati di Google? Un nuovo scenario per chi fa marketing e AI
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ChatGPT sta usando i dati di Google? Un nuovo scenario per chi fa marketing e AI

7/12/2025

Un recente spunto lanciato da Alexis Rilko su LinkedIn apre una riflessione importante: ChatGPT sta attingendo ai risultati di Google? E se sì, cosa cambia per chi lavora nel digitale?

Uno spunto che apre domande

In questi giorni, Alexis Rilko (vedi il post) ha pubblicato un post che ha fatto il giro della community tech e marketing. Mostrava uno screenshot di ChatGPT con risposte molto simili – se non identiche – a quelle di una ricerca su Google. Il sospetto, o forse la constatazione, è che ChatGPT stia attingendo dati in tempo reale dal motore di ricerca più potente del mondo. Non si tratta di fantascienza: la nuova versione di ChatGPT, con browsing attivo, potrebbe accedere a risultati web in tempo reale, e in alcuni casi Google è la fonte principale.

Cosa succede se due intelligenze si fondono? Se la "mente predittiva" di ChatGPT si innesta sulle "risposte precise e fresche" di Google, che impatto avrà sul nostro modo di cercare, apprendere, comunicare?

La rivoluzione, forse, non è che un cambio di punto di vista. E in questo cambio serve lucidità. Non solo per aggiornare le nostre competenze, ma anche per riflettere su come questa sinergia – reale o solo parziale – stia modificando il nostro rapporto con la conoscenza.

Il marketing nell’era della sinergia AI-search

Per chi lavora con i motori di ricerca, la notizia è tutt’altro che marginale. Se ChatGPT comincia a restituire risposte basate su ciò che trova su Google, si apre un nuovo fronte per chi fa SEO, advertising e content strategy. L’ottimizzazione non sarà più solo per la SERP, ma anche per i modelli linguistici. Una pagina ben scritta e ben posizionata potrebbe diventare fonte diretta per risposte AI in contesti conversazionali.

Questo scenario ci porta in una terra di mezzo: da una parte, Google che fatica a proteggere la propria unicità; dall’altra, OpenAI che cerca di raffinare le sue risposte senza reinventare ogni volta l’intero sapere umano.

E noi marketer? Siamo chiamati a ripensare il contenuto non solo per l’occhio umano o l’algoritmo classico, ma anche per l’agente conversazionale. Serve chiarezza, gerarchia visiva, sintesi, ma anche profondità e autorevolezza. Non possiamo più scrivere solo per piacere a Google: dobbiamo anche essere comprensibili per una macchina che riassume, semplifica e restituisce. Un nuovo livello di scrittura, più trasversale e più etico.

Oltre la tecnica: uno sguardo umano e responsabile

Nel mio lavoro di consulente e formatore AI, spesso ricordo che la tecnologia non è mai neutra. Il fatto che ChatGPT stia (forse) usando i dati di Google è interessante, certo. Ma ancora più importante è chiederci: cosa vogliamo farne? Come ci relazioniamo con questa intelligenza che prende decisioni, propone risposte, filtra la realtà?

Credo che il punto non sia se ChatGPT “prenda” da Google, ma se noi abbiamo gli strumenti culturali ed etici per usarlo con consapevolezza. L’intelligenza artificiale non è solo uno strumento: è un ecosistema che condiziona pensiero, linguaggio e persino empatia. Per questo, nei miei corsi, cerco sempre di unire tecnica e sensibilità. Di offrire metodo, ma anche visione. Perché possiamo automatizzare molto, ma non possiamo permetterci di perdere l’intuizione, la responsabilità, l’etica.

Questo è l’A.I. moment: un passaggio storico in cui dobbiamo unire competenza tecnica, profondità umana e capacità di scelta. Le macchine elaborano, ma siamo noi a decidere. E in questo equilibrio fragile, fatto di codice e coscienza, si gioca il futuro della comunicazione, del marketing, e forse anche dell’intelligenza stessa.

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