Sì, l’AI è una bolla. E meno male.
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Sì, l’AI è una bolla. E meno male.

11/3/2025

Tutti parlano di bolla dell’intelligenza artificiale. Alcuni prevedono il crollo, altri la rivoluzione, ma la verità, come sempre, è nel modo in cui scegliamo di guardarla.

La bolla che non distrugge

Negli ultimi mesi l’ho sentito ripetere ovunque: “l’AI è una bolla”.
È vero. Solo che non è la bolla che pensiamo.

Se immaginiamo una crisi simile a quella del 2008, dove tutto si sbriciola lasciando macerie, allora sì, stiamo guardando nella direzione sbagliata. Ma se pensiamo a una bolla industriale, come quelle che accompagnano ogni salto tecnologico, allora siamo esattamente nel punto giusto.
E non è affatto una cattiva notizia.

Durante l’Italian Tech Week, Jeff Bezos ha spiegato bene questo concetto: “Ci sono bolle che distruggono valore, e bolle che lo costruiscono.”

Quando nel 2000 esplose la bolla di Internet, il titolo Amazon crollò da 113 a 6 dollari. Panico ovunque, ma dentro l’azienda i numeri miglioravano: più clienti, più ricavi, più ordini. Bezos guardava i dati e vedeva una sola cosa: il mercato urlava, ma la sostanza cresceva.

“Nel breve termine il mercato è una macchina del voto. Nel lungo termine è una macchina del peso.”
– Benjamin Graham (citato da Bezos)

Il valore reale non sta nella moda del momento, ma nella massa critica che costruisci mentre gli altri guardano altrove. L’intelligenza artificiale oggi è esattamente lì: in una fase di espansione irrazionale, ma necessaria.

Il prezzo dell’innovazione

Oggi ogni settimana nasce una nuova AI startup. Alcune hanno sei persone e una valutazione da miliardo. Altre copiano prodotti già esistenti, cambiando solo il nome. È il caos tipico delle fasi di hype, quando il capitale corre più veloce del buonsenso. Ma serve.

Durante queste fasi, le buone idee e le cattive idee vengono finanziate allo stesso modo. Il mercato sembra impazzire, ma in realtà sta testando la frontiera. Quando la polvere si posa, ciò che rimane diventa infrastruttura.

È sempre successo così.
Con Internet: molte aziende fallirono, ma la fibra ottica che avevano posato è quella che oggi ci connette.
Con il biotech: decine di startup sparirono, ma da quella “bolla” sono nati farmaci che oggi salvano vite.

E succederà lo stesso con l’intelligenza artificiale.
Molte società spariranno, alcune verranno assorbite, altre si dissolveranno nel silenzio digitale. Ma ciò che resterà – i modelli, i chip, i dataset, le competenze umane – diventerà la base cognitiva del prossimo decennio.

La bolla che costruisce futuro

Le bolle industriali distruggono valore economico a breve, ma creano valore sociale e tecnologico a lungo.
Sono fasi in cui il mercato si comporta da adolescente, ma il progresso fa un salto da adulto.

L’intelligenza artificiale non è solo un affare di startup o di modelli linguistici. È una trasformazione culturale, organizzativa e persino etica.
Perché ogni azienda che oggi sperimenta un agente, ogni professionista che impara a dialogare con una macchina, sta costruendo un nuovo linguaggio tra umanità e tecnologia.

Sì, l’AI è una bolla, ma è una bolla che costruisce.
E tra qualche anno guarderemo indietro e diremo:
“Quel periodo sembrava confuso, ma stavamo solo scavando le fondamenta del futuro.”

Il vero tema non è se scoppierà, ma dove vogliamo essere quando accadrà.