
Più parli, meno vendi. I venditori bravi non parlano: fanno domande.
A volte pensiamo che vendere significhi convincere. Invece, vendere è capire. E chi capisce, spesso, parla poco.
Il caffè con un commerciale (vero)
Qualche giorno fa ho preso un caffè con un commerciale che conosco da una vita. Una di quelle persone che quando parla, non parla mai a caso. Lo conosco da vent’anni e posso dirti che è uno che le trattative le chiude. Non perché sia più bravo a parlare degli altri, ma perché lo è di meno.
Mi ha detto una cosa che mi è rimasta in testa, semplice e potente allo stesso tempo:
“In fase di qualifica faccio sempre tre domande. Sempre le stesse. E funzionano.”
Le tre domande in sé non sono niente di rivoluzionario. Ma il modo in cui le pone, il silenzio che si prende dopo averle fatte, e l’ascolto autentico che segue… beh, lì c’è tutto.
La prima domanda è:
“Qual è il tuo vero obiettivo?”
Non “di cosa hai bisogno”, attenzione. Quella è una domanda da chi ha fretta.
Perché diciamocelo: nessuno vuole davvero un gestionale, un CRM o un software.
Quello che vogliono è che le cose funzionino senza doverle ripetere ogni tre giorni.
Vogliono meno caos, meno conflitti, più tempo.
Chi vende un CRM, in fondo, non sta vendendo tecnologia.
Sta vendendo pace mentale. Sta vendendo ordine. Un clima più sereno in ufficio.
Ecco perché quella domanda, detta così, apre mondi. Fa capire che sei lì per ascoltare, non per convincere.
Ascoltare sul serio
La seconda domanda è:
“Cosa hai già provato?”
Sembra quasi banale, no? Ma è potentissima.
Perché quando un cliente inizia a raccontarti cosa ha già fatto, ti sta dando due cose: fiducia e contesto.
Magari ti dice che ha provato da solo, con l’agenzia, con il freelance amico. E quando lo racconta, tu puoi stare in silenzio.
Perché più parla, più si rende conto da solo di dove non è riuscito ad arrivare.
E lì entri in gioco tu, non come salvatore, ma come opzione seria.
Quella che arriva senza promettere miracoli, ma con l’umiltà di chi ha ascoltato.
Questa domanda serve anche a rallentare.
A fare spazio.
A togliere il peso dalla tua voce e metterlo sulle sue parole.
E, soprattutto, a far emergere la verità: se sei tu la persona giusta per aiutarlo, sarà lui a dirtelo. Non tu a imporglielo.
La domanda che apre il cuore
E poi arriva la terza:
“Secondo te, qual è il vero ostacolo?”
Questa, mi ha detto, è quella che fa davvero la differenza.
Perché pochissimi la fanno.
E quasi nessuno è pronto a rispondere senza pensarci un attimo.
Ma quando il cliente ci pensa – davvero – succede qualcosa.
Succede che si sente visto.
Non trattato come un numero, ma come una persona che ha un problema reale.
E nel provare a rispondere, si apre.
Inizia a fidarsi.
Capisce che tu non sei lì per vendergli qualcosa a tutti i costi, ma per capire se si può fare qualcosa insieme.
E questa, secondo me, è la chiave di tutto.
Non “vendere”.
Ma creare un momento di verità tra due esseri umani.
Parlare meno, capirsi di più
Non ti sto dicendo che servano formule magiche.
Anzi, più vado avanti e più mi rendo conto che le persone vogliono cose semplici: essere ascoltate, sentirsi comprese, avere accanto qualcuno che non abbia tutte le risposte, ma che sappia fare le domande giuste.
E queste tre domande, da quando le ho sentite, me le sono segnate.
Le ho messe nello script, certo.
Ma più che nel CRM, mi sono rimaste nella testa.
E anche nel cuore, se posso dirlo senza sembrare retorico.
Perché in fondo non si tratta solo di vendere.
Si tratta di relazioni.
Di ascolto autentico.
Di quella capacità rara di stare nel silenzio, senza il bisogno di riempirlo per forza.