Parli con un’intelligenza artificiale o ti stai solo ascoltando?
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Parli con un’intelligenza artificiale o ti stai solo ascoltando?

5/5/2025

ChatGPT risponde a tutto, ma siamo davvero pronti a leggere quello che ci restituisce? Un invito a riflettere su cosa chiediamo, come e perché.

La qualità delle risposte dipende dalla qualità delle domande

La prima verità, per nulla scontata, è che ChatGPT non ha risposte universali, ma restituisce il riflesso delle nostre domande.

Non è un oracolo, ma un interlocutore che si adatta. Quando lo trattiamo come un motore di ricerca, ci dà risultati funzionali. Quando invece lo consideriamo un compagno di ragionamento, le sue parole possono risvegliare qualcosa in noi: dubbi, visioni nuove, possibilità inattese.

Non è magia. È matematica. Ma non per questo meno affascinante. E soprattutto: non è mai neutrale. Perché ogni risposta di un'intelligenza artificiale nasce da un'interazione umana, e riflette le scelte, le aspettative, perfino le fragilità di chi scrive.

Nel mio lavoro – ma anche nella vita – ho imparato che il modo in cui si pone una domanda dice molto più della risposta che si riceve. ChatGPT ci costringe a fare i conti con questo: ci obbliga a essere più chiari, più consapevoli, più onesti. Anche con noi stessi.

Non cerchiamo risposte: cerchiamo conferme

Uno dei rischi più diffusi nell’uso di ChatGPT è la ricerca inconsapevole di conferme, non di risposte vere. Lo si interroga già sapendo (o desiderando sapere) cosa si vuole sentir dire.

A volte chiediamo “cosa ne pensi?”, ma in realtà vogliamo solo che ci dia ragione.
È un riflesso umano, certo, ma diventa un’abitudine rischiosa.

Un prompt ben scritto è come una domanda fatta a un amico fidato: può sorprenderci, contraddirci, metterci in discussione. Ma se scriviamo domande già direzionate, se scegliamo parole che guidano verso la risposta che vogliamo leggere, allora ci stiamo solo parlando addosso. In fondo, non stiamo dialogando con un’AI, ma con la nostra proiezione.

Questo mi ha portato a chiedermi: ma noi esseri umani, quanto siamo davvero disposti ad ascoltare qualcosa che non ci conferma? Anche nel marketing digitale, spesso si cerca il messaggio "perfetto" per rassicurare, convincere, convertire. Ma in questo mare di rassicurazioni, dove resta lo spazio per il dubbio, per l’intuizione che rompe lo schema?

Intelligenza artificiale, sensibilità umana

C’è una parola che amo: intenzione.

Dietro ogni domanda, ogni testo, ogni progetto che porto avanti per i miei clienti, c’è un’intenzione. Una motivazione profonda. Lavorare con ChatGPT, per chi lo fa con serietà, richiede la stessa attenzione. Non basta saper scrivere: bisogna saper sentire.

Non serve "usare" l'intelligenza artificiale. Serve relazionarsi a essa con consapevolezza. È un mezzo, non un fine. E soprattutto, può diventare uno specchio: mostra come pensiamo, come ci poniamo di fronte a una macchina che imita il linguaggio umano. È lì che si gioca la partita.

La domanda che vale sempre la pena farsi non è "cosa risponde ChatGPT?", ma piuttosto: perché gli sto chiedendo proprio questo? Cosa sto cercando veramente? Un’informazione? Un’ispirazione? Una rassicurazione?

Siamo in un tempo in cui possiamo parlare con una macchina. Ma quanto siamo disposti a parlare con noi stessi?

Non esistono risposte perfette. Esistono domande autentiche.
E forse ChatGPT – se usato con cuore e intenzione – può aiutarci a ritrovare proprio quelle.

Ti sei mai sentito sorpreso o spiazzato da una risposta dell’AI? Hai mai cambiato una domanda dopo aver letto la risposta?