
I social stanno davvero morendo?
Siamo entrati in una fase strana. I social non sono più luoghi di incontro, ma spazi dove si scrolla senza parlare. E forse, più che morire loro, ci stiamo spegnendo noi.
Dall’interazione alla distrazione
Negli ultimi anni i social sono cambiati. Le persone condividono meno opinioni, meno pensieri, meno pezzi di vita. Oggi entriamo su Instagram o TikTok non per dialogare, ma per riempire un vuoto. Secondo Hootsuite 2025, il tempo medio giornaliero passato sui social è stabile, ma l’interazione è crollata del 20% rispetto al 2021.
Il motivo è semplice: tossicità nei commenti, paura di essere fraintesi, e la sensazione di urlare nel vuoto. Così ci rifugiamo nel consumo passivo: video brevi, creatori famosi, emozioni veloci. Tutto studiato per farci rilasciare dopamina, non per farci pensare.
La verità è che il feed non ci rappresenta più. Non è una finestra sulle persone, ma un flusso calibrato sugli algoritmi.
L’arrivo dei social generativi
L’industria, come sempre, ha una risposta: i social AI.
Sono piattaforme in cui l’intelligenza artificiale non si limita a suggerire contenuti, ma li crea. Video generati su misura per te, avatar realistici che parlano come influencer, esperienze pensate per spegnere il cervello e tenerti dentro.
Immagina di tornare a casa, sederti sul divano e aprire un’app che ti mostra video creati in tempo reale per il tuo umore del momento. Niente più scroll infinito. Niente più creatori umani da seguire. Solo tu, e un flusso di contenuti perfettamente personalizzati dall’AI.
Suona comodo, quasi rilassante. Ma il rischio è evidente: se ogni emozione viene servita su misura, che spazio resta per la sorpresa, l’imprevisto, la relazione?
Il futuro della creazione umana
Ed è qui che nasce la domanda vera: che fine faremo noi, quelli che ancora creano, scrivono, insegnano, formano?
Alcuni parlano di un bipolarismo mediatico: da un lato feed asettici generati dall’AI, dall’altro il ritorno alla ricerca di autenticità, di voci umane, di storie vere.
Chi saprà unire le due cose, usando l’AI per automatizzare senza perdere l’anima, costruirà il futuro della comunicazione.
Usare l’intelligenza artificiale per accelerare non significa perdere il controllo. Significa scegliere cosa delegare e cosa custodire.
È la differenza tra cucinare una cassoeula autentica e riscaldare una brodaglia pronta: entrambe nutrono, ma solo la prima ti lascia qualcosa dentro.
Creare contenuti che restino vivi, anche in un mondo che preferisce quelli generati.
Non per nostalgia del passato, ma per rispetto verso l’intelligenza, quella vera, umana.
