
Dove si usa di più ChatGPT (e perché ci riguarda tutti)
Guardare dove si usa di più ChatGPT non significa solo seguire una classifica, ma capire dove il mondo si sta affidando di più all’intelligenza artificiale per pensare, decidere e creare.
I numeri raccontano una geografia della curiosità
Secondo Visual Capitalist (agosto 2025), ChatGPT ha raggiunto 5,8 miliardi di visite mensili nel mondo.
Gli Stati Uniti guidano con 883 milioni di visite (15%), seguiti da India (544 milioni, 9%) e Brasile (310 milioni, 5%). Poi Regno Unito, Indonesia, Giappone, Germania e Francia, ciascuno tra il 3 e il 4%.
Insieme, queste nazioni coprono quasi un terzo dell’utilizzo globale.
Ciò che colpisce non è solo la quantità, ma la direzione del movimento. Dopo anni di predominio angloamericano, la mappa digitale dell’AI si sta spostando verso l’Asia e l’America Latina.
Ogni nuovo accesso è un segnale: persone, professionisti, studenti che cercano di capire come usare l’intelligenza artificiale per risolvere un problema o costruire qualcosa di nuovo.
È la curiosità, più che la tecnologia, a muovere il traffico.
Dati, disuguaglianze e possibilità
L’uso di ChatGPT non dipende solo dalla volontà, ma dalle infrastrutture.
Nei paesi con connessioni stabili e banda larga, i modelli generativi vengono adottati rapidamente; altrove restano un privilegio.
La qualità della rete, i costi di accesso, le politiche pubbliche e perfino la censura disegnano confini invisibili nel modo in cui le persone possono dialogare con l’AI.
L’Europa si trova in mezzo a questa trasformazione. Francia, Germania e Regno Unito insieme generano poco più del 10% del traffico globale, mentre l’Italia non compare tra i primi venti paesi.
Eppure, il potenziale è enorme. I data center europei, le regole del Digital e AI Act, e la spinta verso modelli “onshore”, addestrati su dati locali e conformi alla privacy, possono diventare un vantaggio competitivo.
Ma serve una visione culturale, non solo tecnologica. Perché l’intelligenza artificiale non si diffonde dove ci sono più macchine, ma dove c’è più fiducia.
L’intelligenza che cresce con noi
Le domande più frequenti a ChatGPT riguardano la programmazione (29%), ma stanno crescendo quelle su economia, diritto, comunicazione e formazione.
L’AI non è più vista come un esperimento tecnico: è entrata nei processi, nelle scuole, nelle aziende, perfino nelle relazioni personali.
È diventata uno spazio dove le persone si confrontano con la propria capacità di pensare, imparare e chiedere.
E qui si apre il punto più umano: non si tratta solo di usare ChatGPT, ma di capire cosa stiamo cercando attraverso di lui.
Ogni prompt è una domanda, ogni risposta è un tentativo di orientarsi in un mondo più complesso.
L’AI non sostituisce la mente, ma la amplifica. E lo fa restituendoci, spesso senza accorgercene, un’immagine limpida della nostra curiosità, dei nostri limiti e del nostro desiderio di comprendere.
La concentrazione di traffico in poche piattaforme racconta anche la concentrazione della fiducia.
E la fiducia, come la conoscenza, non si può delegare interamente a una macchina.
Per questo credo che il vero uso dell’intelligenza artificiale non sia tecnico, ma etico: imparare a usarla per costruire chiarezza, autonomia e pensiero critico.
Non per sostituire la mente umana, ma per farla respirare meglio.
Fonti
- Visual Capitalist, agosto 2025 – “Top countries driving ChatGPT traffic”
- Similarweb, dati di traffico mensile 2025
- OpenAI Global Trends Report 2025